giovedì 9 ottobre 2008

The City..

Spiaccicata contro il separè di vetro che fa da confine tra la zona passeggeri e quella dell’autista, ad ogni brusca frenata la mia testa segue il ritmo del rimpallo.
E, aggrappata al braccio di un gentile signore che si è prestato a fare da àncora di salvataggio, cerco goffamente di contenere ogni strattone che involontariamente e vicendevolmente ci si dà in quelle occasioni, in cui la distanza prossemica è assolutamente azzerata. Con tutte le conseguenze che ne possono derivare, ivi compresa una bella palpata sul sedere di un bulletto appiccicatosi dietro.
Guardo fuori dal finestrino la gente per strada. Tutti di fretta in questa città. A qualsiasi ora del giorno. Ne fisso i volti provando a indovinare le loro storie, e provando a immaginare la faccia che tra qualche mese avrò io, quando mi ritroverò catapultata in un’altra dimensione, irrimediabilmente estranea (temo).
Mi sforzo di memorizzare le strade e i percorsi, ma i punti di riferimento mi sembrano tutti uguali. Sono riuscita solo a ricordare le 10 fermate di metro prima di giungere a destinazione. Linea verde, mi è sempre piaciuto questo colore.
Dopo 3 ore di mezzi, arrivo a casa della mia amica, frastornata da una gestalt di rumori che nelle mie orecchie prendono la forma di un mal di testa.
Moment e divano. Quasi sicuramente il leit motiv del mio prossimo inverno.
Dicono che Milano la si può anche amare, ma richiede un po’ di impegno.
Ci proverò, anche se convincermene già mi fa venire il magone.
Per sei mesi di sogni, questo ed altro.

5 commenti:

Gianna ha detto...

Le cities della nostra vita.
Straniere in ognuna di esse. E poi ci si ritrova straniere anche in quella in cui si è nate.
Un anno fa, per strada, nel paesino in cui ho vissuto i primi 19 anni della mia vita (mica 2; 19!!!), dico "Buongiorno" a un signore, conoscente del mio papà, e lui: "Signorì, ma siete forestiera?".
Ecco le cose di fronte alle quali senti di non appartenere a niente e a nessuno. E in cui impenna il bisogno di appartenere almeno a te stessa.
Paturnie.

Anonimo ha detto...

Puoi sempre scegliere dove e perché sentirti a casa, il senso di appartenenza ad un luogo non dipende da cosa c'è scritto sulla carta di identià.
Mi sento a casa quando mi sento straniero, quando sono in viaggio o tra le vecchie mura pietrificate del mio paese.
Non ti preoccupare di quello che ti darà una nuova città, pensa a quanto di buono potrai portarci tu.

Anonimo ha detto...

Milano è tosta, ma è sempre una city e,come tutte le altre, ti farà capire più che ma te stessa..sii serena, sarà un bel contesto per le tue storie...

Anonimo ha detto...

E io che quei sogni li ho ascoltati la sera prima di andare a letto, durante le corse "giù alla madonna", al telefono ora non faccio altro che immaginarti in metro la sera "confusa e felice" tornare a casa....Milano aspetta, sta arrivando!!!!
A.

Anonimo ha detto...

....ti immagino anche spaurita mentre ansiosa cerchi la via di casa...e non perchè " i punti di riferimento sono tutti uguali"!!