lunedì 14 dicembre 2009

The day after

C’era una strana calma stamattina sul metrò.
Un silenzio innaturale, interrotto solo dall’apertura delle porte ad ogni fermata e dai passi nemmeno troppo affrettati della gente. Un’aria dimessa, stanca, per certi versi ossequiosa. I posti a sedere erano tutti occupati, così ho preferito tenermi vicino l’uscita, attaccata al poggiamano sul lato destro. Sguardi rapidi e bassi circolavano tra la gente in piedi. Tra quelli seduti non c’era nemmeno uno che leggeva.
Guardo l’orologio: 11.14
Stridio dei freni sulle rotaie. Frenata. Lanza, fermata Lanza.
Inciampo nel volto di una signora, quando lei è ancora sulla banchina. Sale sul metrò dalla porta in fondo al vagone. Una bella donna, sui sessanta. Porta un giornale con sè, mi pare sia Il Giornale.
Si siede. Accavalla le gambe, i pantaloni le salgono fino a scoprire la caviglie e a mostrare un calzino grigio.
Piega il cartaceo sulle sue gambe: lo fa con aria di stizza.
E sbuffando si volta allo studente accanto a sé e sussurra:
“Mi ha fatto quasi pena, umanamente pena”.
La violenza non è mai giustificabile, ma per un attimo ho temuto che quell’aria funerea fosse il segno di un martirio che proprio non ci sta.