lunedì 14 dicembre 2009

The day after

C’era una strana calma stamattina sul metrò.
Un silenzio innaturale, interrotto solo dall’apertura delle porte ad ogni fermata e dai passi nemmeno troppo affrettati della gente. Un’aria dimessa, stanca, per certi versi ossequiosa. I posti a sedere erano tutti occupati, così ho preferito tenermi vicino l’uscita, attaccata al poggiamano sul lato destro. Sguardi rapidi e bassi circolavano tra la gente in piedi. Tra quelli seduti non c’era nemmeno uno che leggeva.
Guardo l’orologio: 11.14
Stridio dei freni sulle rotaie. Frenata. Lanza, fermata Lanza.
Inciampo nel volto di una signora, quando lei è ancora sulla banchina. Sale sul metrò dalla porta in fondo al vagone. Una bella donna, sui sessanta. Porta un giornale con sè, mi pare sia Il Giornale.
Si siede. Accavalla le gambe, i pantaloni le salgono fino a scoprire la caviglie e a mostrare un calzino grigio.
Piega il cartaceo sulle sue gambe: lo fa con aria di stizza.
E sbuffando si volta allo studente accanto a sé e sussurra:
“Mi ha fatto quasi pena, umanamente pena”.
La violenza non è mai giustificabile, ma per un attimo ho temuto che quell’aria funerea fosse il segno di un martirio che proprio non ci sta.

venerdì 14 agosto 2009

Un insolito ferragosto questo. All’insegna di cosa, non lo so. Già mi vedo come una barca arenata sul bagnasciuga, a sorseggiare una granita alla menta, mentre i miei pensieri fanno windsurf sulle onde. E poco più in là una bolgia di gente ubriaca in pareo che balla disco music anni 80. Lo so che parto prevenuta, ma mi chiedo cosa cappero ci vado a fare a questa festa. Cioè..un minimo di spirito per fare le cose ci vuole…ed io vorrei solo una sdraio, la mia musica, un pezzo di cielo e qualche stella cadente. Perché io sono fatta così, malinconica e nostalgica. Non sono proprio un animale sociale, ho i miei momenti di solitudine, in cui ho bisogno di fare la valigia e farmi un viaggio nel mio mondo immaginario. E chi se ne frega se decido di partire proprio la notte del 15 agosto, mentre per la maggior parte delle persone il calendario è rosso e impone divertimento, alcool e spensieratezza. Io sono sempre estemporanea nelle mie cose. E’ quasi un difetto. Quindi, meglio non argomentare oltre, altrimenti attacco la pippa di tutte le imposizioni sociali che non sopporto e alle quali purtroppo, a volte (per fortuna non troppo spesso) decido di piegarmi.
Sì, ho proprio l'umore giusto per una nottata in spiaggia.
Vado a scegliere il copricostume.

mercoledì 5 agosto 2009

NO ENTRY


E’ l’anno dei vorrei, ma non posso.
Dei divieti di accesso.
Dei limiti insuperabili.
Dei vuoti incolmabili.
Dei vicoli chiusi.

Di tutte le convenzioni che le hanno impedito di essere follemente se stessa.
Mikado, sopra le righe, traccia una linea rossa e va a capo.

E questa volta scrive rigorosamente in stampatello.

lunedì 20 luglio 2009

malinconoia...

Le mie pause di riflessione e quelle in cui mi illudo di addormentarmi.
I progetti accartociati e ammonticchiati in un cassetto. C'è anche qualche residuo di speranza.
Tutto si mescola nel vortice del precariato. E ci sta che per l'ennesima volta non prepari i bagagli e vada via. Comincio ad essere stanca, comincio a desiderare delle radici.
Prima metà di questo 2009.
I resoconti non mi hanno mai dato soddisfazioni, ma quello di quest'anno è davvero spiazzante.
Il cuore in gola e le gambe in corsa. Il fiato strozzato e le parole mancate.
La paura che veste i panni della sala di rianimazione resterà la sensazione più marcata di questi ultimi mesi.
Tra due giorni è un giorno speciale. Metto da parte i resoconti: voglio sorridere.

venerdì 22 maggio 2009

Una notte appena cominciata e che credo stenterà a finire. 
Il primo vero caldo, le lenzuola che si appiccicano alla pelle nuda e umida, le imposte spalancate e le zanzare che punzecchiano le gambe. 
Dalla strada sotto la finestra il vociare indistinto di una Milano che beve birra e lascia mozziconi di sigaretta  per terra. I tavolini e le luci soffuse. Ed io, in canotta e slip che mi rigiro nel letto e che alla fine decido di scrivere due righe, con Cindy Lauper nelle orecchie. E' la prima musica che mi capita a tiro. E tracanno acqua, assetata di vita e drogata di insonnia. 
Tra meno di due mesi potrebbe cambiare tutto. Ancora, per l'ennesima volta. 
Quale la mia prossima tappa? Ce ne sarà un'altra? L'idea di fermarmi mi spaventa. Scoprirei un vuoto che non voglio vedere. Ho voglia di una vita che straborda di novità, di cose che si ammonticchiano e si affastellano. Del solito disordine che regola le mie azioni, ma dentro cui trovo l'equilibrio. Non ho bisogno di una sosta, non ora. Uno sguardo di sguincio al mio ieri e non lo rimpiango. Nessuna nostalgia, ma solo voglia di guardare avanti. Con i miei rayban a farfalla in faccia e il mondo sfumato e amorfo negli occhi. L'apologia del sogno. 

mercoledì 6 maggio 2009

Rum, torte e un due di picche

Dopo qualche mese si ritrovarono nella solita sala da tea. Perchè poi scegliessero sempre quel posto resta un mistero, visto che tutto bevevano tranne che tisane o infusi. Tra i due lui era più abitudinario: un bicchiere di Rum accoppiato ad uno di acqua leggermente frizzante. Lei andava di gola e preferiva le torte della casa. Quella fu la volta della cannella e nocciola. 
Il tavolino, nell'angolo in fondo alla sala, li isolava ancora di più di quanto non facessero già i loro discorsi. Erano capaci di ascoltarsi per ore e di reggere pause di silenzi lunghissime. E quel giorno avevano entrambi voglia di recuperare il tempo mancato. Lui si mise a parlare dei suoi libri, gli unici in grado di dargli fiato e voce. Di tanto in tanto sorseggiava dal bicchiere squadrato il suo rum, si bagnava le labbra, e gli occhi fulgidi preannunciavano la ripresa del suo discorso. Lei, coi gomiti poggiati sul tavolo rotondo, lo ascoltava e si sentiva una prescelta, perchè  ben conosceva la diffidenza intellettuale del suo amico. Se aveva deciso di parlarle di Dostoevskij, Borges, Pessoa e Roth era perchè sapeva che lei li avrebbe per lo meno rispettati. 
Si, perchè se c'era una cosa per la quale lui disprezzava un essere umano, era l'indifferenza ai suoi autori. Passare noncuranti davanti alla libreria del suo salotto. O peggio, sfogliare approssimativi i suoi volumi, accuratamente disposti in ordine di grandezza. 
Lei lo aveva capito, e sorniona, gli concedeva ogni citazione recitata con il sussiego di chi marca il proprio territorio e ne riconosce i sudditi. 
Talvolta gli occhi di lei si incrociavano con quelli di lui. L'imbarazzo le saliva fino alle tempie e lo affondava in un piccolo canestro dove era riposto il miele. Girava e girava, e il miele le sembrava raddensarsi. Perdeva lo sguardo in quel movimento circolare: preferiva così anzichè cederlo a lui, che lo avrebbe smembrato in mille pezzi e ne avrebbe ricavato l'equazione più elementare. Il suo essere così spudoratamente ingegnere gli tornava utile in molte occasioni: rapidamente le avrebbe letto dentro. Ne erano consapevoli tutti e due. 
"Da quant'è che non vai con un uomo?"- le disse incautamente.
"Parecchio"- gli rispose con l'aria rassegnata di chi sapeva di essere stata scoperta. 
Si ritrovò nuda, prima davanti a un piatto vuoto che profumava di cannella, poi nel letto del suo amico. Le aveva sfilato i jeans, ma non la maglietta. Quella leggera trasparenza gli dava la sensazione di avere ancora tanto da scoprire. Era uno curioso l'ingegnere.
Fecero l'amore subito. Due volte.
Lei si coprì con un lenzuolo, che odorava di vaniglia. Lui andò in bagno a farsi una doccia. Poi scese in cucina e crollò sul divano. La lasciò dormire nel suo letto. Sola, ma ansimante. 
 



martedì 28 aprile 2009

Punto interrogativo

Tornare nei posti che ho abitato mi fa sempre uno strano effetto. La malinconia straripa e la sensazione di fare un salto nel passato sembra reale. Ci sono viuzze di cui conosco ogni angolo, ogni singola scritta sui muri, i numeri civici di tutti i portoni. Riconosco gli odori, la freschezza dell'aria che s'incanala nelle narici e scende giù, fino ai polmoni. Ultimamente mi viene difficile respirare così profondamente. L'apnea si alterna all'aritmia cardiaca. Sarà che corro troppo. Verso dove, però, ancora non lo so. Mi sento come se mi avessero risucchiato fuori dal mio vaso di vetro, quello in cui mi sono rannicchiata negli ultimi tre anni. Quello da cui vedevo il mondo fuori, fatto di desideri e progetti, di un'immagine di me forte e sicura. Ora che sono in piedi, sulle mie gambe, catapultata in un mondo crudamente reale, mi rendo conto che l'idea di me auspicata e ardentemente voluta, viene meno. Mi sembra di andare in bocca al mio destino munita di una spada di carta, e mi difendo con uno scudo di porcellana. Quanti colpi riuscirò a schivare prima che si rompa in mille pezzi?
Professione: stagista. Sogno nel cassetto: diventare una giornalista.
Il problema è che qualcuno ha deciso di chiuderlo a chiave quel cassetto e pare sia intenzionato a non aprirlo mai più. Perchè "Ciccia, sono tempi durissimi. La carta stampata è destinata a morire ed è un peccato che ragazze come te restino appese a delle illusioni. La soluzione più facile è ficcarsi nei letti di chi decide o ricevere una spinta forte dall'alto. Cercati dei collaterali". Il mio capo ha il dono della chiarezza. Solo un concetto mi sfugge: collaterale. Sono giorni che ci penso ma non trovo una risposta soddisfacente. Per ora, secondo loro, un buon collaterale potrebbe essere lasciarmi schiavizzare e spolpare viva in nome di una passione e di un'alternativa che non c'è. E quel che è peggio è che certe esperienze non fanno altro che rafforzare in te la consapevolezza che se non fai quel lavoro, non sai che pesci pigliare. Lo so, no ho il dono della versatilità.
L'altra sera, in pizzeria con gli amici di sempre, assieme alla pizza mi viene servita una notizia sconvolgente. Così, a bruciapelo. "Mi sa che mio fratello si sposa a breve". Il fratello in questione è il mio ex ragazzo. L'unico uomo che ho contemplato di notte, anzichè ronfare, e con cui qualche volta mi ha sfiorato (ma soltanto sfiorato) l'idea di una famiglia. Incasso il colpo e come reazione infierisco violentemente sul trancio di pizza appena tagliato. Non mi importa più di lui, ne sono sicura. Quello che mi chiedo è come si faccia a cambiare vita e a capirci che piega possa prendere in meno di un anno. Io a mala pena sono riuscita a cambiare città. Ho solo rotto il vaso di vetro, ora devo impegnarmi a recuperare i cocci e a farne delle piccole finestre. Chi ci metterò dentro la mia nuova casa resta un mistero. Per ora spero solo abbia un tetto e quattro mura.

giovedì 16 aprile 2009

Go on

Dopo quasi 2 mesi di silenzio rieccomi. 
Vorrei poter dire che è la primavera a suscitare il desiderio di scrittura, ma stasera i tuoni rimbombano contro le imposte e lo scroscio della pioggia è l'unica nota, monocorde e prolungata, che accompagna le mie parole.
Non sono triste, sono solo un pò assente. Preferisco perdermi tra i brevi periodi dei miei articoli e tra i corridoi dell'Esselunga. Oggi cercavo il sapone per i piatti e mi son ritrovata nello scompartimento dei surgelati. E vabbè, se i bastoncini findus mi cercano, io li metto nel cestello. Se poi ne ho il freezer pieno non è un problema. Se resto in redazione fino alle otto e arrivo a casa tre quarti d'ora dopo e ceno un'ora più tardi e mi rimetto a lavorare sino a mezzanotte, è meglio così. La notte arriva prima e poco dopo è già giorno. Ma poi arriva il week-end, e allora alla noia non c'è scampo. Pulizie domestiche con lo stereo a tutto volume. Rigorosamente pfm, de andrè e bob marley. Il nesso? non c'è. 
Corsetta distensiva respirando un pò di sano smog e ritorno a casa, tra letture e lavoretti "extra"  per il mio capo. 
E ritorna il lunedì.
E non mi importa nulla, non ho nemmeno il tempo di capire se mi va bene questa vita. 
Il mio pensiero è altrove, ora.
Ho appena scritto un post tedioso, lo so. 


  

martedì 24 febbraio 2009

Sere nere...

E' come quando guardi il mare di notte, dall'alto di una balconata. Scuro, laminato dal riflesso della luna, sembra un manto di ciniglia. 
Quante volte l'ho fissato, con il naso all'ingiù e i capelli a coprire il mio profilo. La vertigine si perde nelle onde, lente, corpose, sinuose. Una volta ho resistito per quasi dieci minuti in quella posizione. Stretta nella sensazione di vuoto che quella visione mi provocava. 
Un'immagine tanto triste quanto nera. Eppure, solitamente, il mare è blu. Il mio mare è di un blu cristallino, racchiuso in una corona di scogli. Ti sembra protetto, sicuro, come se finisse fin dove tu riesci a vederlo.
 Ma la notte cambia tutto. Fa paura. Di quella paura che attanaglia l'anima. Che, come un macigno, ti schiaccia il coraggio, la speranza. Tutto si confonde in una distesa sterminata e buia.
Eppure è sempre lo stesso mare. E tu non capisci.
Ma è colpa della notte. 
Quando arriva cambia tutto, la notte.  

giovedì 12 febbraio 2009

My funny Valentine...

Non bastavano le vetrine delle pasticcerie e dei bar, con tutti i cuori di cioccolato o di pasta frolla esposti, o le pubblicità in tv, che alle 8 di mattina ti fanno salire la glicemia che nemmeno tre dosi di insulina la riportano ai parametri normali, o quei due fidanzatini in metro (bruttini tutti e due però) che tubavano come due piccioni a maggio (è quello il periodo dell'accoppiamento, no?)...insomma, nonostante il patetismo aleggiante e, per quanto mi riguarda oltraggioso, di questi giorni, stamattina l'ennesimo sberleffo. 
Alla prima pausa caffè, dopo aver macerato le meningi per la bozza di un singhiozzante articolo, con il mio solito fare disinteressato accendo facebook, e sempre con la stessa superficialità, casualmente mi capita di cliccare sul contatto del mio ex. 
 Maledetta curiosità, non lo avessi mai fatto. 
Oltre a constatare una serie di messaggi di starnazzanti donzelle che invocano il suo nome e le sue doti (cosa a cui sono, o meglio ero, abituata), quello che mi scatena una crisi d'isteria è la frase "Fai un regalo a Mr Cavolo avariato per San Valentino"....
A parte che è regola aurea che i regali agli ex ( e per il momento in cui mi trovo estenderei a tutta la categoria maschile) non vanno mai fatti, ma poi...è possibile che su facebook si avanzino certe proposte????come...il social network per eccellenza, quello fatto ad immagine e somiglianza dei single, quello per "gli amici in rete", per sponsorizzarsi pubblicando le proprie foto meno verosimili in assoluto, quelle pescate nei file più remoti, in cui sei venuta talmente bene che quasi quasi non sembri tu...ma come è possibile??
Ebbene sì...anche facebook si è piegato allo smanioso business del 14 febbraio; anche facebook ha deciso di puntare il dito contro di me, ricordandomi di quanti regali per San Valentino non riceverò e di quanti non sarà opportuno inviarne. 
Anche quest'anno mi toccherà assistere a fasci di fiori che arrivano in ufficio (l'anno scorso la mia coinquilina li ricevette a casa, con tanto di biglietto firmato Pablo Neruda), a messaggini sul cellulare (ovviamente della tua amica più acida e antipatica) con conseguente sorrisetto smielato di fine lettura, a prenotazioni di cenette a lume di candela e a viaggi low cost che fanno tanto "due cuori e una capanna".
Non che io brami per avere qualcosa di simile, ma se ripenso a quante volte mi hanno regalato dei fiori, mi vien troppo facile ottenere una risposta: Z E R O!
Per non parlare dei biglietti poetici, o delle canzoni dedicate...
Però due giorni d'amore sì, quelli ci sono stati. Esattamente l'anno scorso...
Una reinterpretazione brillante del film "un tranquillo week-end di paura", tra litigi, bronci e crisi d'asma. 
Tutti gli uomini che ho avuto (anche se non tanti) non mi hanno coperta di particolari attenzioni, non ho mai incontrato uno che "non sai quante ne ha fatte per me, poverino". E se perdevano i capelli non certo era perchè se li strappavano, ma solo perchè affetti da un principio di calvizie. 
Insomma, i miei ex solo una cosa non mi hanno mai fatto mancare: le "cazzate". Fiumi e fiumi di parole meravigliose, divertenti, a volte pure intelligenti, da cui la sottoscritta si è fatta imbecillemente abbindolare. 
Tuttavia, la condizione di single non è poi così male...cosa c'è di meglio di un divano su cui sprofondare, di un romanzo con cui trascorrere la serata e di una stecca di cioccolata al latte da divorare? E si badi bene, la tripla offerta mica vale solo la sera di San valentino... 



 
 
 





sabato 7 febbraio 2009

Rien pas

E' strano come il tempo distorca le cose.

Ed è ancora più inspiegabile come la mente distorca il tempo, nonchè le cose che appartengono ad un passato evidentemente troppo invecchiato. Attempato. Perciò dimenticato. 

Perchè  dimenticare è forse il fine ultimo di chi vuole ricominciare. Non a caso pure per gli affetti appassiti si usa lo stesso rimedio.
Un più o meno lento ma irreversibile delay: la pellicola dei ricordi si riavvolge, quando non si taglia a pezzetti. E allora li si lascia perdere nel vento, come le foglie secche che volteggiano nella danza d'autunno. 

Cosa resta?

Il ricordo compiaciuto di un paio di occhi nocciola che fissano le tue mani. Perchè i tuoi gli facevano paura. Paura che svelassero il mistero. Il segreto.

Poi arriva l'oggi. E le parole valgono più degli sguardi.
Sadicamente deridono le tue immagini, gelosamente custodite nell'angolo più luminoso della tua memoria. 
E le distruggono, le polverizzano. 

Capisci solo ora perchè i suoi occhi sfuggivano ai tuoi: nè misteri, nè segreti. 
Ma potevano scoprire l'inganno

sabato 24 gennaio 2009

La stagista

Quando ero bambina, in questo periodo, cominciavo ad immaginare il mio costume di Carnevale.
Sfogliavo alcune riviste di moda (all'epoca mia madre le comprava ancora e, visto la precisione con cui mi ricordo la copertina e il nome della testata, Burda doveva essere la mia preferita) e mi ispiravo ad uno degli abiti che quelle modelle dalle spalle squadrate e i capelli vaporosi e ondulati indossavano. Tranne un anno in cui la scelta fu piuttosto anticonvenzionale e dettata esclusivamente dalla mia fantasia, allora più che mai svincolata da qualsiasi motivazione logica e consequenziale. Decisi, infatti, di vestirmi da orologio. Forse, nonostante la tenera età, un richiamo profetico per contrastare la mia naturale inclinazione al ritardo cronico. Chissà. fatto sta che, tra dame e fatine, pagliacci e cenerentole, nel teatrino dell'asilo esordii con delle lancette in petto e dei numeri disegnati sulla faccia.

Se potessi travestirmi da qualcosa o qualcuno, quest'anno avrei le idee chiarissime. Mi basterebbe guardarmi allo specchio quando esco la mattina alle nove e quando rientro la sera alle otto. E non avrei nemmeno l'impellenza di cucire l'abito. Ce l'ho incollato addosso. Naturalmente. 
Si, quest'anno mi vesto da STAGISTA.
Quale migliore interpretazione se non la mia? Una faccia impallidita che sembra lavata con la candeggina, che per ravvivare lo sguardo traumatizzato da una sveglia troppo mattiniera ci metti un pò di matita intorno agli occhi, effetto Eva Kant. Un cappello, una sciarpa e l'mp3 come protesi del padiglione auricolare e via di corsa verso la fermata metro. 20 minuti di buio e silenzio e arrivi a destinazione. 
Una bevanda che del caffè ha solo il colore e comincia la giornata, in compagnia del mac, di bozze, di cromalin e di ciano. La caporedattrice che bercia perchè siamo in ritardo con il numero, e subito dopo la risata più sonora che una donna possa generare. 
E' un pò nevrastenica, ma in fondo ha un buon cuore. 
E poi la pausa pranzo, la mensa dei dipendenti e quindi il riso all'inglese. E la top ten di Lorenzo e il disaccordo di Sara sul fatto che "la francese" abbia il posteriore più scultoreo di tutta l'azienda. E tu lì che ascolti e sorridi. E giorno dopo giorno la timidezza lascia il posto alle tue battute, e fai in modo che gli altri, i "fissi", si accorgano che la nuova stagista non solo ha una voce , ma quasi quasi è pure simpatica. 
Nel frattempo arrivano le 18 e i tuoi occhi fanno certi giri incrociati sulle parole, tanto che le pagine ti sembrano una distesa uniforme di papaveri, magari con qualche margheritina selvatica, e degli articoli di quei Grandi che ti hanno preceduto non resta che la firma e il proposito che li riprenderai a mente fresca il giorno dopo. Chè io sono qui per imparare e non posso permettermi di farmi sfuggire le cose. 
E finalmente arriva la sera, e il viaggio infinito in metro. E la gente che ti guarda con gli occhi affossati e tu che rispondi loro alla stessa maniera.
Due parole con la tua amica, preferibilmente di gossip, di quello con cui ha litigato e di quell'altro che le farà una sorpresa venendo a Milano per il fine settimana. 
Infine...l'incontro più bello...lui è sempre lì che ti aspetta, dalla mattina alla sera. Ti lanci come un sasso su di lui e ti lasci avvolgere dal suo calore. E gli sussurri dolcemente: "caro letto, sono felice". 



mercoledì 7 gennaio 2009

La neve a Milano...

 -Arnold, iniziamo una relazione, okay?
- ...Vale a dire?
-Oh, non fare il diffidente. Cosa vorrà mai dire, secondo te? Una relazione. Tu trombi solo con me e io trombo solo con te. 
-Tutto qui?
-Bè, certo, in gran parte. E io ti telefono anche un casino durante la giornata. E' tipo una paranoia...non posso dire neppure paranoia? Okay, è una compulsione. Okay? Cioè è tipo una faccenda che non posso farne a meno. Cioè ti telefonerò in ufficio un casino. Perchè mi gira bene che tutti sanno che appartengo a qualcuno. Questo l'ho imparato dai cinquantamila dollari che ho passato allo strizzacervelli. Cioè tutte le volte che ho un lavoro, tipo che appena arrivo, ti chiamo e ti dico ti amo. E' coerente? 
- Certo.
- Perchè è proprio quello che voglio essere: così coerente.


(P. Roth, Lamento di Portnoy)