giovedì 5 giugno 2008

Sogni e ricordi...

Stanotte le ho sognate. Strano questo “incontro”. L’ultima volta che le ho viste è successo in maniera del tutto inaspettata, al cimitero, sotto Natale. Loro due sono sempre uguali, sempre in coppia, stessa acconciatura, stesso cappotto. Di panno nero, con i bottoni dorati quello di Giovanna; grigio, modello montgomery quello di Cenza. D’altronde, da quando vivo a Siena, ogni volta che ritorno nel paesello, quasi tutti gli incontri sono dettati dalla casualità. E’vero anche che allontanarsi da casa ti fa capire cos’è che hai apprezzato di più della tua vecchia vita, cos’è che resta e che vuoi tenerti stretta nell’angolo dei ricordi. E allora, anche il semplice gesto di salutarsi e abbracciarsi fugacemente per strada, assume tutto un altro valore se a farlo sono determinate persone, quelle che pur non vedendoti spesso, sanno praticamente tutto di te, perché sono il tuo passato, la tua infanzia, le tue emozioni più vere.
Ho riaperto gli occhi con il cuore gonfio di un affetto così genuino e sincero, che non ho resistito al desiderio di richiuderli per un attimo e lasciarmi andare ad un dolcissimo flash back che mi ha riportato indietro nel tempo, a più di 15 anni fa.
Sgattaiolavo fuori dal negozio di papà, e mi piaceva percorrere quella stradina saltellando un po’ di su di una gamba, un po’ sull’altra. D’estate, davanti alla porta c’era una tenda di rafia che, insieme all’odore del pane fresco e dei salumi, impregnava tutta la bottega. Era un ambiente minuscolo, quattro mura riempite di tutto ciò che una drogheria può contenere: spezie, generi alimentari, prodotti per la casa…e tutto incastrato in modo tale da non lasciare nemmeno un spazio vuoto. Un disordine piacevolissimo alla vista, perché dava la sensazione dell’abbondanza.
Il mio angolino preferito era quello della pasta, perché si creavano pile altissime in cui si alternavano i fusilli alle penne, gli spaghetti alle tagliatelle, i semi di melone alle stelline. E mi divertiva risistemare il tutto laddove mi sembrava non ci fosse armonia. E poi, ai piedi di queste colonne, c’erano dei sacchi pieni di legumi freschi e ci godevo quando vi immergevo la mano.
Al bancone non ci arrivavo, riuscivo solo a poggiarci le mani stendendo le braccia e sollevandomi sulle punte. Perciò un giorno decisi di impossessarmi dello sgabello di legno ripostovi alle spalle. E s’immagini la delusione che ho provato quando, all’età di 7 anni, ho scoperto che in realtà non era una mia esclusiva: un’altra bambina, dai capelli rossi, e la sua sorellina più piccola, riccia e mora, vi si accomodavano quando io non c’ero.
E anche per loro Giovanna preparava lo sfilatino con il galbanino e bevevano thè al limone.
E chiacchieravano con le “signorine” con la stessa spontaneità con cui lo facevo io.
E’ stata la prima volta che ho provato una timida gelosia che però, ben presto, ha lasciato il posto alla più importante amicizia che io abbia mai avuto.
Voglio condividere con voi questi ricordi, perché come me quella bottega non l’avete più vista. E sono sicura che come me, ogni volta che ci passate davanti e trovate una saracinesca logorata dal tempo che scorre inesorabile, vi sobbalza il cuore. E non potete fare a meno di ripensare a quei grembiuli colorati, alla carta che avvolgeva il pane ( ma che Giovanna utilizzava anche per farci le operazioni in colonna, con l’inchiostro blu), alla pedana in legno su cui ci piaceva tanto camminare, solo perché i nostri passi, ancora troppo leggeri, facevano un rumore cupo e pieno, che ci dava l’impressione di portare i tacchi.
....Chissà che suono farebbe ora quel piccolo soppalco, anche se, nonostante siano passati così tanti anni, i tacchi non li portiamo comunque....

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Dimentichi qualche particolare, qube
Tu, mefistofelica, mi lanciavi occhiate degne dei più terribili film di Hickok mentre bevevi latte nella confezione in tetrapak.
Io ordinavo a Giovanna di togliere i pistacchi dalla mortazza e godevo quando ti vedevo entrare mentre me ne stavo appollaiata sul tuo sgabello.
Pensavo che prima o poi saremmo arrivate allo scontro fisico...invece...semplicemente eravamo "ruspanti" fin dall'infanzia.
baciuzzi
cecia

Unknown ha detto...

Dei panini tondi all'olio, che costavano mille lire ed erano deliziosi con quel salame ungherese...ne vogliamo parlare??? Erano così minuscoli che oggi li sbraneremmo in soli 2 morsi....
E poi...avete dimenticato gli occhi enormi che avevano entrambe, dovuti a non so quanti migliaia di gradi di stigmastismo??? Splendidi quegli occhiali con la riga in mezzo...ultimo modello per l'epoca.
Bacetti
La bimba riccia e mora.

mikado ha detto...

Beeeeeeeeelli gli occhiali anni 70...e poi, con quel caschetto stile Raffaella Carrà erano meravigliose...e cmq non volevo dilungarmi troppo, ma un particolare lo aggiungo volentieri: Gaspare, ci siamo dimenticate delle abbuffate di duplo?? Non ricordo nemmeno quanti anni ci hai messo per disintossicartene...
Vi adoro Sgobbe.