giovedì 22 maggio 2008

Tempo perso

Pubblico questo post anche se è stato scritto un po’ di tempo fa, ma spesso mi capita di guardarmi indietro per capire se da quel punto mi sono mossa…


Dovrei impegnarmi a scrivere una tesina che non ho voglia di scrivere. Dovrei impiegare le mie energie nella stesura di un indice a cui non ho voglia di pensare. Dovrei impegnarmi a progettare un futuro che mi piacerebbe tardasse ancora un po’ ad arrivare e di cui ho una paura incredibile…Dovrei imparare a mettere da parte certi pensieri e rimandarli a momenti più opportuni, ma a volte il mio desiderio di scrivere si fa talmente impellente che non riesco a concentrarmi su nient’altro fino a che non svuoto la mente dai mille pensieri confusi, contorti e in perenne lotta fra di loro che mi privano dell’effimera tranquillità a cui di tanto in tanto mi affido. Sono un’illusa a credere che una volta riversati su un foglio bianco possano dileguarsi, così come la nebbia lentamente lascia spazio al tepore di un sole pieno e limpido, ma al richiamo dei miei deliri non so resistere e perciò do il via a questo lento e probabilmente fittizio delay.
Tabula rasa, mi ripeto. Voglio diventare una tabula rasa, proprio com’era questo foglio bianco prima che cominciassi a sporcarlo del nero delle mie incertezze, delle mie paure, delle mie congetture.
“Viviti quello che la vita ti offre”: questo è il comandamento di chi sa affrontare le cose con una spavalderia ed un coraggio che temo non mi appartenga. Questo è il consiglio che chiunque (compreso me stessa) è pronto a propinarti ogni volta che il tuo cuore non riesce a trovare una soluzione che riesca a capacitare la ragione. Questo è l’alibi dietro cui nascondersi quando ti rendi conto che stai avvallando qualcosa con cui prima o poi dovrai fare i conti. La verità è che non si può vivere alcuna situazione senza pensare al dopo, almeno io non sono capace di farlo. Sarà la mia propensione naturale all’ottimismo e alla voglia di star bene, sarà la mia preoccupazione di preservarmi da altre sofferenze, sarà il mio irrefrenabile desiderio di fare voli pindarici e di sognare ad occhi aperti, ma io proprio non ce la faccio a vivere minuto per minuto. Perché ogni cosa che io faccio è sbilanciata in avanti; ogni cosa in cui credo mi piace a tal punto da desiderarla per sempre; la mia voglia di te è talmente grande che io so che domani ti vorrò ancora. E sono talmente folle da pensare che domani sarà ancora meglio di oggi.
Il mio tempo e le emozioni che lo scandiscono sono profondamente vissuti, succhiati con avidità dalla brama di possederli, fino ad avvertire la dolcezza o l’amarezza dell’abbraccio con cui avvolgono tutti i miei sensi.
E’ a causa di questa pienezza che parlare di minuti mi sembra troppo riduttivo; e allora penso che dopo quel minuto ce ne sarà un altro, seguito da altre ore e da altri giorni. Da qui il mio vano tentativo di guidare il tempo con i sogni, la speranza di un domani felice e l’illusione di poterti avere accanto, sempre.


…forse qualche passo l’ho fatto, ma dovrò bruciarne di suole….

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Servirà anche a questo il tuo diario elettronico. Capiterà spesso, più in la, di rileggere cose scritte tempo addietro. Qualche volta fai dei passettini, altre invece sposti lo sguarda in un'altra direzione. Tutto conta e tutto passa, sembra funzioni così.
Mi fai venire in mente "Bartali" di Paolo Conte. Quanta strada nei miei sandali...
Che non vanno bruciati, vanno usati.

Anonimo ha detto...

Per me che vivo di ricordi, scrivere ed emozionarsi è la stessissima cosa...ed è questa la magia della scrittura: poter tuffarsi nel passato pur avendolo superato...